Il business process outsourcing altro non è che l’esternalizzazione di una o più funzioni della propria attività, che non ne costituiscano il core business, ma che siano ad essa collegate.
Perché dare in outsourcing.
Nel momento in cui si avvia un’attività, si tratti di uno studio professionale o di una start up, è necessario indossare tanti cappelli: il professionista o imprenditore deve occuparsi del lato commerciale, del post-vendita, della contabilità e persino delle pulizie. Il tutto, sia chiaro, tenendo a mente che il core business, cioè l’attività principale, non sia nessuna delle predette, e che continui ad occupare energie mentali e fisiche del titolare dell’attività, oltre alla maggior parte del suo tempo.
Col crescere dell’attività, del numero dei clienti e delle ore di lavoro da dedicare al business, diventa pressoché impossibile per il professionista / imprenditore continuare ad indossare tutti i cappelli. In alcuni casi, talune attività possono diventare più complesse, come nel caso di un cambio di regime fiscale, altre iniziano a richiedere più tempo, altre iniziano ad avere un valore intrinseco minore rispetto al costo orario del professionista.
In pratica, il professionista / imprenditore si ritrova ad un certo punto a lavorare male, controvoglia e in perdita.
Cosa dare in outsourcing.
Nella realtà dei fatti, il professionista o imprenditore inizia l’attività dando da subito in outsourcing alcune attività, o lo fa quasi nell’immediato: l’assistenza legale per la fase di start up, la contabilità, le pulizie, la grafica e la stampa del materiale.
Per altre attività, invece, l’outsourcing non è contemplato: a volte perché non ci si pensa, a volte perché si ritiene che non ne valga la pena, a volte nella convinzione, limitante, di saperle svolgere al meglio.
Per un professionista, ad esempio, potrebbe essere strano delegare in outsourcing la selezione e la gestione delle risorse umane, o le attività di centralino e segreteria, mentre un imprenditore potrebbe non aver mai considerato di rivolgersi ad un professionista esterno per affidargli il controllo di gestione.
La determinazione delle attività da esternalizzare può scaturire da un’analisi della situazione as is, per individuare tre tipiche aree di intervento: i margini di miglioramento dei processi, di aumento dei ricavi o di riduzione dei costi.
L’esternalizzazione può riguardare sia attività che erano in precedenza gestite all’interno, a causa di scarsi risultati, costi eccessivi o venir meno della risorsa dedicata, oppure può riguardare attività che non erano mai state svolte: esempio tipico di quest’ultimo caso è quello della comunicazione e del marketing, che vengono spesso affidati all’esterno.
Un esempio tipico di esternalizzazione di business process è storicamente quello delle attività con bassa marginalità, come potrebbe essere quello del data entry: situazioni diffuse nel mondo dei commercialisti come in quello notarile, per fare riferimento alla sfera dei liberi professionisti.
Dove dare in outsourcing.
La digitalizzazione del lavoro permette di incaricare professionisti o altre società anche lontane dalla sede aziendale o dallo studio professionale committente.
La figura del nomade digitale, che lavora da ovunque purché abbia un computer e una connessione a Internet a disposizione, si diffonde a macchia d’olio, fermata solo in parte dalle restrizioni Covid. Molte strutture ricettive, come hotel e villaggi turistici, infatti, proprio negli ultimi mesi, e in risposta al calo di affluenza causato dalla pandemia, si sono organizzati in modo da ospitare questo genere di lavoratori e fornire loro gli strumenti per svolgere la propria attività nel migliore dei modi, spesso con il migliore dei panorami.
Prima dell’introduzione di questo nuovo modo di lavorare, l’outsourcing all’estero avveniva cercando supporto in società con sede in luoghi laddove il costo del lavoro è inferiore: tutti abbiamo parlato, almeno una volta nella vita, con call center i cui operatori rispondevano dall’estero.
Naturalmente, outsourcing non significa solo estero, così come non significa solo professionisti freelance: si esternalizza anche quando si dà l’amministrazione ad un commercialista, così come quando ci si affida ad una società apposita per la manutenzione e sostituzione dei computer.
Lo scopo dell’outsourcing deve coniugare una riduzione dei costi ad un aumento della qualità del servizio reso al cliente esterno come al cliente interno: il risparmio non deve mai essere accolto a scapito della qualità, e non può essere l’unico elemento valutativo nella scelta del fornitore.
L’outsourcing del business process management.
Non sono solo i processi di tipo operativo, come quelli citati in precedenza, a poter essere esternalizzati.
Consulenti manageriali e temporary manager possono ben rappresentare figure a cui affidare l’outsourcing di uno o più business process, cioè le attività che portano da una situazione a un’altra.
Spingendosi più in là, queste figure professionali possono occuparsi anche dell’analisi as is precedentemente menzionata, formulare una o più ipotesi di to be, cioè situazioni desiderate ed obiettivi da raggiungere, supportando attivamente l’imprenditore o il professionista nel miglioramento del funzionamento dell’organizzazione nella sua interezza e via via nello specifico dei numerosi business process che la compongono, nel grado di dettaglio desiderato, identificando le funzioni da esternalizzare.
L’outsourcing è il livello più alto di delega: si raggiunge quando il professionista affida ad altri un incarico, con la consapevolezza che questi siano più competenti di lui per lo svolgimento un determinato compito.