Poco conosciuta e poco compresa, la sostenibilità sociale è uno dei pilastri su cui si poggia lo sviluppo sostenibile.
Cos’è lo sviluppo sostenibile.
La Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite nel 1987 ha pubblicato un rapporto dal titolo “Our Common Future”, un documento che ha consacrato la definizione di sviluppo sostenibile: “uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.
La triple bottom line.
Nonostante il concetto di sostenibilità sia principalmente associato all’aspetto ambientale, in realtà la sostenibilità è sostenuta da tre pilastri: la sostenibilità ambientale, la sostenibilità economica e la sostenibilità sociale; si parla, infatti, di triple bottom line.
Questi tre pilastri sono tra loro collegati e il venir meno di uno rende impossibile lo sviluppo sostenibile di un’organizzazione.
La sostenibilità sociale.
Mentre i primi due aspetti della sostenibilità sono conosciuti, la sostenibilità sociale è l’ambito più dibattuto e meno compreso.
La sostenibilità sociale ha come obiettivo principale l’equità, intesa come, negli ambiti di interesse di questo blog, equità sociale, equità nella salute, nei diritti umani, in quelli dei lavoratori.
Un approccio più recente al concetto sostiene che l’idea stessa di sostenibilità sia intrinsecamente sociale: tutto ciò che succede, secondo questa teoria, dipende dalle attività umane.
Una declinazione di sostenibilità sociale è quella che riguarda l’equità tra le generazioni, quindi è qui che si esplicita in maniera più ampia il proposito di non arrecare danno alle generazioni future, nella cosiddetta equità intergenerazionale.
Non può sicuramente mancare nel discorso sulla sostenibilità sociale l’equità tra i generi, nella sua più ampia accezione, e non solo nella lotta alle attuali disparità tra uomo e donna.
Volendo incasellare l’ampia tematica della sostenibilità sociale in quattro ambiti, si potrebbe dire che questa tocca
1) i servizi e le infrastrutture,
2) la vita sociale e culturale,
3) la voce e influenza e
4) lo spazio per crescere.
Agenda 2030 e ISO 26000
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile contiene obiettivi chiaramente collegati alla sostenibilità sociale:
- l’obiettivo numero 3 – salute e benessere,
- l’obiettivo numero 4 – istruzione di qualità,
- l’obiettivo numero 5 – uguaglianza di genere,
- l’obiettivo numero 11 – città e comunità sostenibili e
- l’obiettivo numero 16 – pace, giustizia e Istituzioni forti.
Talvolta, il concetto di sostenibilità sociale viene assimilato alla responsabilità sociale delle imprese, meglio conosciuta come CSR, dall’inglese Corporate Social Responsibility.
La norma ISO 26000, che certifica proprio questa responsabilità sociale, analizza la sostenibilità sociale sotto sette punti di vista:
- il governo dell’organizzazione, la sua struttura e i suoi meccanismi decisionali;
- i diritti umani;
- le condizioni e i rapporti di lavoro;
- la matrice ambientale;
- le pratiche gestionali;
- gli aspetti relativi ai consumatori;
- il coinvolgimento della comunità.
La responsabilità sociale negli studi.
Ogni studio professionale può adottare alcuni comportamenti concreti a supporto della sostenibilità sociale.
La maggior parte delle azioni ha come obiettivo gli stakeholder interni, in particolare i dipendenti.
La sostenibilità sociale è, come anticipato nelle righe precedenti, sostegno alle cosiddette pari opportunità, ossia la possibilità delle donne, e non solo, di accedere a tutte le posizioni lavorative e ad una retribuzione commisurata a quella degli uomini.
Gli studi professionali hanno una ben nota peculiarità, che è quella dell’organizzazione patriarcale: i titolari sono uomini, tutto il personale di supporto al professionista è di sesso femminile. Le professioniste donne sono meno diffuse e, comunque, percepiscono un reddito più basso.
Uno studio professionale che si impegni nella sostenibilità sociale è attento all’equa distribuzione tra i generi degli incarichi e dei compensi.
Naturalmente, questo discorso non è limitato agli uomini e alle donne, ma riguarda anche tutta la comunità LGBTQI+.
Diversità è anche quella culturale: la cronaca ci ha permesso di venire a conoscenza del caso di un avvocato di origine africana a cui è stato chiesto, in tribunale, se fosse laureato.
Ad ogni persona dovrebbe essere concesso di esprimere la propria personalità e di rispettare le proprie tradizioni.
Un altro tema sentito tra le donne è quello del diritto alla maternità. Molte volte, durante i colloqui, viene chiesto alle giovani donne se siano fidanzate, sposate, se abbiano figli o se abbiano intenzione di averne. Molte volte, alle madri viene fatto pesare il fatto di avere figli. Per molti padri viene dato per scontato che non debbano occuparsi dei figli. Sostenibilità sociale è anche favorire la maternità e la paternità.
Sempre legato al personale dipendente e ai collaboratori ci sono formazione e crescita. Uno studio socialmente sostenibile si impegna ad attrarre i giovani, permettendo loro di avere una giusta formazione e l’accesso al “tavolo dei grandi”.
Fornire benefit in aggiunta al normale stipendio permette inoltre di attrarre i talenti. Attrarre i talenti significa avere un minore turnover e fornire un servizio di maggior qualità agli stakeholder esterni, in primis i clienti.