Il concetto di cliente è ben chiaro a tutti. Di cliente interno, invece si parla sempre troppo poco, tanto da essere, di fatto, una definizione sconosciuta ai più.
Eppure, il cliente interno è la prima cartina tornasole del buon funzionamento di una realtà lavorativa, una specie di filtro che fa passare aria viziata qualora all’interno dello studio (o dell’azienda) vi sia un ambiente tossico oppure aria pulita e fresca qualora l’ambiente interno sia favorevole.
Il concetto di cliente interno.
Tenendo bene a mente il concetto di business process, cioè una serie di azioni che portano dalla situazione A all’ottenimento di un risultato B, è chiaro come in qualsiasi fase del processo vi siano fornitori e clienti.
Fornitore è sempre colui che dà un qualcosa ad un altro soggetto, il cliente: poco importa se colui che riceve quel qualcosa sia all’interno o all’esterno della realtà lavorativa.
Per fare un esempio, si potrebbe dire che una receptionist che passa le telefonate sia fornitrice del destinatario della telefonata. Qualora il nome della persona che si trova all’altro capo del telefono fosse riportato errato, la receptionist avrebbe fornito un servizio di bassa qualità al suo cliente, in questo caso il destinatario della telefonata.
Questo paradigma è ripetibile per tutti i business process e per tutte le attività del business process, indipendentemente dalla qualifica che abbiano all’interno dell’ufficio.
In questo modo, ad esempio, all’interno dello studio notarile, a seconda di come sia strutturato il workflow, ci sarà sempre almeno un cliente interno del notaio, da cui deve ricevere informazioni circa l’orario di chiusura dell’atto.
Allo stesso modo, nello studio di un commercialista un cliente interno del commercialista stesso sarà, ad esempio, chi deve fatturare le attività e ha bisogno di conoscere gli accordi presi con il cliente esterno quanto a prezzi e termini di pagamento.
Situazioni mutevoli.
Al contrario di quanto accade in una grande azienda molto strutturata, in cui esistono ruoli ben definiti e in cui fornitori interni e clienti interni mantengono la propria posizione, in uno studio professionale le situazioni sono mutevoli: clienti e fornitori in un’occasione possono trovarsi nella situazione opposta in un altro processo.
Per tornare all’esempio degli atti notarili, chi scrive gli atti potrebbe essere fornitore del notaio prima della stipula e per poi diventarne cliente subito dopo.
L’importanza dei ruoli.
Definite le procedure, è importante che tutti conoscano il proprio ruolo all’interno di un processo e che sappiano cosa sia necessario al proprio cliente.
Autori che hanno scritto in precedenza di soddisfazione del cliente interno hanno usato la similitudine della staffetta: chi riceve il testimone deve sapere di poter contare su chi glielo passa, e deve avere la certezza di riceverlo in un determinato momento ed in una determinata posizione, tale per cui non è nemmeno necessario guardare. Solo così potrà risparmiare tempo e guadagnare quel vantaggio (competitivo) sugli avversari.
Una pratica a cui manchi un documento è un servizio di bassa qualità prestato dal fornitore-collega al suo cliente-collega e che farà perdere a quest’ultimo del tempo.
Che poi il tempo sia prezioso è inutile dirlo: il titolare che paga gli stipendi vorrebbe che i propri dipendenti riuscissero a completare sempre più lavoro nelle ore a loro disposizione, mentre i dipendenti percepiscono di averne sempre troppo poco a fronte di troppi compiti di cui occuparsi.
La cartina tornasole della soddisfazione.
Il cliente che riceve sempre il prodotto o servizio di cui ha bisogno, secondo i tempi e con le caratteristiche concordate, è un cliente felice.
In altri termini, il dipendente in grado di lavorare senza intoppi è un dipendente felice.
Proprio la mutevolezza delle situazioni e dei ruoli all’interno di uno studio aumenta la possibilità di attrito tra le persone, che sommano la frustrazione di non aver ricevuto ciò che desideravano come clienti di colleghi alla frustrazione di dover rifare operazioni perché non conformi alle aspettative dei colleghi loro clienti.
Questo crescendo di insoddisfazione si ripercuote anche sui clienti esterni.
Un dipendente insoddisfatto, frustrato, che lavora in un ambiente tossico e non organizzato e che a fatica riesce ad ottenere servizi di qualità dai suoi colleghi sarà più portato a fornire un servizio di bassa qualità ai clienti esterni, riverberando su questi il risultato di ruoli non definiti, di procedure non chiare, magari non aggiornate e di emozioni negative accumulate.
Oltre il business process.
Così come numerosi sono gli aspetti che influiscono sulla soddisfazione del cliente esterno, ugualmente numerosi sono gli aspetti che influiscono sulla soddisfazione del cliente interno.
Non solo ruoli e procedure, quindi, ma anche ergonomia della postazione, benefit, orari di lavoro: l’elenco potrebbe andare avanti a lungo, quasi all’infinito, ed è collegato a tanti fattori, quali, ad esempio, età del dipendente, situazione familiare, luogo di lavoro, ma anche preferenze personali.
Il fil rouge che può e deve collegare la misurazione della soddisfazione del cliente interno e di quello esterno è l’ascolto.
Chiedere per ascoltare, per sapere esattamente cosa possa essere fatto per migliorare la customer journey dei clienti è il miglior investimento che si possa fare per far crescere il business.