Studi professionali: il cliente ha sempre ragione?

Studi professionali- il cliente ha sempre ragione

Il cliente ha sempre ragione: me lo sentivo dire spesso in studio, seguito dall’invito a legare l’asino dove voleva il padrone.

Assecondare il cliente in tutto e per tutto è uno degli approcci possibili, alternativo all’approccio radicalmente opposto, quello di voler restare fermi sulle proprie posizioni. Qual è il comportamento giusto da adottare? Dipende.

Tipi di clienti

A seconda del tipo di studio professionale o del tipo di attività si avrà una prevalenza di clienti spot o di clienti abituali: se un commercialista avrà prevalentemente clienti abituali, che danno mandato per la contabilità e restano per anni, un notaio avrà probabilmente una maggioranza di clienti spot, quelli che una volta nella vita acquistano casa e fanno un mutuo trentennale per pagarla.

È chiaro come, a fronte di un diverso tipo di cliente, corrispondano diverse necessità e diversi presupposti.

Il cliente spot

Il cliente che si rivolge a un avvocato o a un notaio, contrariamente a quanto accade comunemente negli studi dei commercialisti o dei consulenti del lavoro, varca la porta (o manda una mail, o telefona) per trovare soluzione a un bisogno specifico e che, la maggior parte delle volte, non avrà più per il resto della sua vita.

L’obiettivo con questi clienti è offrire un servizio senza intoppi, che non incida negativamente sulla vita del cliente al punto da portarlo a consigliare lo studio ad amici e parenti.

Il cliente abituale

Il cliente di un commercialista, tipicamente, conferisce mandato per la contabilità e poi si “dimentica” del professionista, aspettandosi non tanto un risultato specifico, come è il caso del cliente di un avvocato o di un notaio, ma una prestazione continuativa nel tempo.

Per arrivare ad abbandonare studio professionale, scegliendone un altro, deve, alternativamente:

  • essere stato scontentato più e più volte, oppure
  • essersi confrontato con qualche conoscente, amico o parente che gli ha detto “il mio commercialista costa meno”.

La risposta ad entrambe le ipotesi è una frase che ripeto spesso: “il professionista che viene scelto solo per il prezzo ha perso in partenza”.

In questo caso, oltre a far sì che consigli lo studio ad amici e parenti, è sicuramente non perdere il cliente per strada.

Educare il cliente

L’insoddisfazione di un cliente nasce sempre dall’aspettativa: che sia relativa al prezzo, alle tempistiche, alla persona con cui si deve relazionare, una lamentela non può che nascere da un’aspettativa disattesa.

Se il vecchio adagio recita “uomo avvisato, mezzo salvato”, allora ancor prima di accettare il cliente è necessario chiarire cosa sia lecito aspettarsi e cosa no, quali siano le regole e le procedure dello studio, quali siano le tariffe applicate.

Una buona procedura di onboarding del cliente dovrebbe includere, oltre alla sottoscrizione di un mandato, una comunicazione relativa alla persona di riferimento, alle fasi di lavorazione delle pratiche, ai documenti richiesti, ai tempi e alle modalità di pagamento.

Un cliente abbandonato a se stesso è un cliente che ha tante domande, che rivolgerà inevitabilmente alle persone che quotidianamente hanno a che fare con lui: i dipendenti dello studio, quelli che rispondono a mail e telefonate.

Decisioni come quella di assecondare sempre e comunque le richieste dei clienti o di non comunicare bene il servizio offerto si riflettono sui collaboratori, che non hanno la serenità di lavorare entro limiti definiti, che devono dedicare una parte del proprio tempo a ripetere concetti che dovrebbero essere chiari o che devono adattarsi a ogni persona con cui abbiano a che fare: il cliente non ha sempre ragione e il rispetto deve essere a doppio senso.

Educare se stessi

Per comunicare al meglio il tipo di servizio offerto e di relazione professionale che verrà instaurata è necessario in primo luogo educare se stessi: a quali clienti ci si vuole rivolgere? Che aspettative hanno? Sono in grado di soddisfarle? Qual è il prezzo che mi permette di stare a galla? Quanto tempo posso dedicare a ogni adempimento? Quali sono i comportamenti che non intendo accettare? In quali ambiti intendo continuare a formare il personale dello Studio?

Non avere ben chiaro il cliente a cui ci si rivolge e non conoscere il funzionamento del proprio Studio porta a incomprensioni e inefficienze – in definitiva, a minor redditività.

La customer satisfaction

Se l’obiettivo è la soddisfazione del cliente, per far sì che, a seconda dei casi, resti cliente, torni ad esserlo o consigli lo Studio ad altre persone, è importante accogliere le segnalazioni, se non addirittura incoraggiarle.

Un sistema di raccolta feedback strutturato è auspicabile: potrebbe essere un questionario a fine anno, oppure al temine della pratica, per monitorare punti deboli e punti di forza dello Studio o per sollecitare la condivisione di osservazioni esterne.

Dire sempre no e chiudersi a riccio di fronte ad ogni contestazione potrebbe essere controproducente, soprattutto a fronte del fatto che lo stesso disagio potrebbe essere percepito da più persone che, però, non lo manifestano.

Il cliente ha sempre ragione? Dipende, ma instaurare un dialogo non fa male.

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