Quello della trasformazione digitale è un argomento ampio, che tocca da vicino molti ambiti della vita quotidiana dello studio.
Volendo riassumere, si potrebbe dire semplicemente che la trasformazione digitale di uno studio professionale riguarda il cambiamento di prospettiva nel rapporto tra il cliente ed i collaboratori di studio attraverso la tecnologia, ed allo stesso tempo il miglioramento e l’efficientamento dei processi interni grazie alla tecnologia.
Da ciò si desume che la trasformazione digitale sia una medaglia con due facce: la prima, esterna, che ha a che fare con i clienti, e la seconda, interna, che ha a che fare con le procedure.
Il vero obiettivo degli studi professionali, su entrambi questi aspetti, quello esterno e quello interno, è il passaggio dalla centralità del professionista, ormai sempre più percepito dal cliente come una commodity o come un costo inderogabile, alla centralità del cliente, ancor meglio del servizio offerto, identificato come un prodotto.
Se da un lato è importante raggiungere uno standard qualitativo, con la centralità del prodotto, dall’altra è fondamentale includere il cliente nell’erogazione del servizio, che non può più cadere dall’alto, ma che deve coinvolgerlo, accompagnarlo e persino anticiparlo.
Per ottenere un risultato di questo tipo, in cui la soddisfazione del cliente non aggrava il regolare funzionamento dello studio e il carico di lavoro di chi sta all’interno dello stesso, è necessario lavorare sui processi, automatizzando i compiti ripetitivi e riducendo gli sprechi di tempo e di energie.
Il primo passo: il cliente.
Il primo passo verso la trasformazione digitale deve essere mosso a partire dal cliente.
È necessario che il professionista si metta in ascolto attivo del proprio cliente, per capire veramente chi sia e quali esigenze abbia.
Bisogna muovere da un’analisi simile a quella che nel marketing identifica le buyer personas, analizzando fasce d’età, desideri, necessità e paure, ma anche attitudini e punti di forza e di debolezza.
Per svolgere un’analisi accurata, bisogna pensare come Abraham Wald, e non limitarsi a ciò che i clienti attuali apprezzano, ma sforzarsi di capire cosa abbia portato i clienti ad andarsene.
Il secondo passo: i KPI.
Un KPI, acronimo che identifica i Key Performance Indicator (indicatori chiave di prestazione) non è un semplice numero, ma un obiettivo per misurare un risultato.
La trasformazione digitale, in quanto grande opportunità per lo studio professionale, può generare molto entusiasmo, perlomeno all’inizio.
Decidere di fare tutto e subito, senza darsi degli obiettivi in termini di tempo e di risultati misurabili da ottenere, potrebbe facilmente condurre dall’entusiasmo, al dissenso, all’ostracismo e terminare nel fallimento del progetto di trasformazione digitale.
Il terzo passo: i dati.
Il grande valore aggiunto che si può ottenere dalla trasformazione digitale dello studio e dei processi sono i dati.
Per ogni cliente, categoria di cliente, per ogni settore, tipo di pratica, si possono estrarre dati preziosi per ottimizzare l’offerta, il servizio e anticipare le richieste dei clienti.
Grazie ai dati, si possono analizzare nello specifico le necessità dei singoli clienti, quella che nel primo passo era un’analisi astratta diventa un’analisi precisa e puntuale dei clienti.
Il quarto passo: la trasversalità.
La digitalizzazione riguarda per natura tutti gli ambiti dell’organizzazione dello studio: dalla reception allo scambio dei documenti, dall’amministrazione all’istruttoria delle pratiche.
Quando si intraprende un percorso di trasformazione digitale bisogna aver ben chiaro il fatto che questa porterà lo studio a lavorare in modo più coeso e interdipendente: un po’ come un cambio di marcia, permetterà di andare più veloce e di ridurre gli attriti, a patto che tutti i membri dello studio facciano la propria parte di ingranaggio ben oliato. Una trasformazione è di successo quando l’ingranaggio non funzionante viene spinto dagli altri a entrare in azione e fare la propria parte.
Il quinto passo: la velocità.
Cercare la trasformazione generale, completa ed immediata non è solo un’utopia, ma equivale a tirarsi la zappa sui piedi.
La trasformazione digitale, per avere successo, deve partire dai dettagli, dalle piccole azioni quotidiane. Deve dimostrare il suo valore step by step, in modo da scongiurare quel dissenso, quell’ostracismo e quel fallimento di cui sopra.
Una trasformazione digitale che funziona innesca un meccanismo virtuoso che rende più felici e soddisfatti tanto i clienti quanto i membri dello studio, i quali saranno desiderosi di introdurre sempre più novità e saranno i veri fautori e promotori del cambiamento.
Per attuare la trasformazione digitale.
Il percorso di trasformazione digitale, quindi, deve partire dall’analisi del cliente e del suo problema, proseguire con la definizione dei KPI, individuare quali dati estrapolare, come e da dove, portare assieme tutti i comparti dello studio e iniziare la sua efficacia nelle piccole azioni quotidiane.