Con Cristina Pedretti, coach, formatrice e consulente, parliamo di pregiudizi di genere nello studio professionale: come si manifestano, perché resistono e cosa serve davvero per superarli.
I pregiudizi di genere nel lavoro sono spesso invisibili, ma lasciano segni profondi. Non sempre si esprimono in atti espliciti: a volte si annidano nel tono con cui viene corretta una collega, nell’interruzione sistematica di chi parla, nella convinzione – più o meno dichiarata – che alcune caratteristiche rendano “più adatti” a certi ruoli. Dentro uno studio professionale, questi automatismi rischiano di danneggiare non solo chi li subisce, ma l’intera qualità del lavoro.
Pregiudizi di genere nel lavoro significa anche osservare chi prende parola, chi viene ascoltato, chi viene incluso nelle decisioni. Significa guardare al linguaggio, ai rituali, alle aspettative non dette. È un lavoro che parte da dentro: non si tratta di imporre regole, ma di cambiare sguardo, di uscire dalla narrazione neutra e vedere cosa accade davvero, ogni giorno, nei gesti ordinari.
Chi lavora sulla consapevolezza dei pregiudizi di genere nel lavoro costruisce una cultura più equa e più evoluta. Questo non significa “fare favori” o “adeguarsi al politicamente corretto”, ma creare un contesto in cui le persone possano portare se stesse, esprimersi senza dover aderire a un modello dominante. Serve per valorizzare competenze, ridurre il turnover, migliorare le dinamiche interne. E soprattutto, per tutelare il benessere di chi lavora nello studio.
Anche nei piccoli studi si può iniziare: si può guardare con attenzione come vengono organizzate le riunioni, come si danno i feedback, chi gestisce i carichi di lavoro, chi prende decisioni e come. Si può mettere a fuoco se ci sono spazi di ascolto reali, se l’errore è un’occasione di crescita o una colpa, se le persone si sentono al sicuro nel dire la propria.
Non è questione di numeri, ma di clima culturale. Eliminare i pregiudizi di genere non è un favore alle donne, ma un vantaggio competitivo per tutto lo studio: perché un contesto più giusto è anche un contesto che funziona meglio.