Con Davide D’Ambrogio, executive e career coach, riflettiamo su cosa significhi cambiare lavoro: non come gesto impulsivo, ma come scelta consapevole, costruita nel tempo, in sintonia con chi siamo e con ciò che vogliamo diventare.
Cambiare lavoro non è sempre sinonimo di migliorare. Ma spesso, per migliorare davvero, è necessario cambiare. La difficoltà sta nel distinguere tra una fase transitoria di malessere e una trasformazione profonda da affrontare.
In questa puntata si parla di come imparare a leggere i segnali: quelli emotivi, corporei, cognitivi. Di come il corpo e la mente spesso ci avvertono prima che la nostra coscienza razionale si renda conto che qualcosa non va.
Si esplora la differenza tra un disagio momentaneo e un’esigenza strutturale di cambiamento. E si ragiona su come il piacere e il dolore – due forze opposte ma complementari – possano indicarci la direzione: il piacere ci attira verso qualcosa di nuovo, il dolore ci allontana da ciò che non funziona più.
Cambiare lavoro non dovrebbe mai essere una reazione impulsiva. Serve tempo, pazienza, lucidità. E soprattutto, serve distinguere se è l’ambiente a essere sbagliato, o se siamo noi a essere cambiati così tanto da non riconoscerci più lì dentro.
La riflessione si arricchisce di esempi concreti, tra cui la consapevolezza che non basta cambiare azienda per cambiare dinamiche interiori. A volte ci si sposta, ma ci si porta dietro gli stessi pesi.
Alla fine, emerge un principio forte: cambiare lavoro può essere un atto di coraggio, ma anche un modo per tornare a scegliere, invece di adattarsi.
Perché il vero rischio non è lasciare un lavoro sbagliato, ma restare per inerzia in un posto che non ci somiglia più.
A volte restare è più semplice. Ma cambiare lavoro può essere la scelta più onesta.