Quando si parla di livelli di smart working, molti studi professionali non vanno oltre l’accesso remoto alla mail. Ma lo smart working è un sistema, e può evolvere fino a diventare una leva strategica per produttività, autonomia e benessere.
Se per molti studi professionali lavorare in smart working ha significato solo accedere alle mail da remoto e connettersi con metodi improvvisati ai computer fissi presenti in studio, inventando dall’oggi al domani un metodo di lavoro non previsto, la fine del lockdown ha rappresentato il momento per iniziare a pensare sul serio a come trarre il massimo beneficio dalle esperienze vissute a livello globale.
Matt Mullenweg è uno che di smart working ne sa. È il papà di WordPress, la piattaforma che fa girare oltre un terzo dei siti attualmente online, tra cui questo.
La società che sta dietro WordPress, Automattic, non ha un ufficio. Eppure, nel 2020 faceva lavorare 1170 dipendenti (1940 nel 2025) ed era valutata 3 miliardi di dollari (7,5 miliardi nel 2025).
In un’intervista rilasciata nel podcast Making Sense di Sam Harris, Mullenweg ha illustrato i cinque livelli dello smart working.
Usa il termine team distribuiti per porre l’accento sulla mancanza di un ufficio fisico, da cui allontanarsi.
Primo livello: metodo di lavoro non organizzato.
Quando le organizzazioni operano nel primo livello dello smart working, i dipendenti sono in grado di barcamenarsi con il lavoro se si trovano a casa per un giorno.
L’accesso alla mail ed al gestionale da remoto è sufficiente per tenere la nave a galla, ma il grosso del lavoro viene rinviato al rientro in ufficio.
Questa era la situazione di quasi tutti gli studi professionali nel periodo pre-Covid: equipaggiati per la sopravvivenza, anche solo avendo dotato alcune risorse delle password per la mail.
Secondo livello: replica online dell’ufficio.
Durante il lockdown, molti studi hanno ricreato l’ufficio nelle case dei dipendenti: numeri di cellulare personali al posto del telefono fisso, fogli stampati, orari rigidi.
I dipendenti erano spesso impossibilitati a lavorare con serenità, con l’aggravante del dover rispondere in tempo reale a telefonate ed email, per soddisfare il bisogno di controllo del titolare che, non vedendo i collaboratori davanti allo schermo, dava per scontata la loro inattività.
Terzo livello: adeguamento agli strumenti.
Una volta giunti al terzo livello dello smart working, gli studi iniziano ad adattare il lavoro al mezzo informatico.
Il lavoro diventa paperless, con archivi e software in cloud, accessibili da qualsiasi dispositivo, in qualsiasi momento.
I dipendenti sono dotati di hardware specifici, e non devono più accontentarsi del computer di casa, magari condiviso con altri familiari.
Inizia a prendere forma la comunicazione asincrona.
Quarto livello: comunicazione asincrona.
Al quarto livello dello smart working, la comunicazione si fa più matura. Le telefonate si riducono e lasciano spazio a strumenti scritti come email, Slack o sistemi simili.
La comunicazione asincrona consente di lavorare senza l’urgenza del riscontro immediato, riduce le interruzioni e permette di rispondere con maggiore lucidità e attenzione.
È un cambio di passo: richiede abitudine, ma migliora la qualità del lavoro e della collaborazione.
È anche così che si accede allo stato di flow, fondamentale per chi svolge attività di pensiero.
Ne ho parlato anche in una puntata del podcast, insieme ai temi dei cronotipi e della produttività personale.
A questo livello, lo studio professionale inizia a spostarsi dalla logica della presenza a quella del risultato.
E, come sottolinea Mullenweg, chi riesce a lavorare davvero in modo asincrono può essere fino a tre volte più produttivo rispetto ai team tradizionali.
Quinto livello: il Nirvana.
Quando uno studio raggiunge il quinto livello dello smart working, è molto più produttivo di uno studio vincolato alla sede fisica.
Serve struttura: momenti aggregativi pensati, cura del senso di appartenenza, strumenti informatici adeguati e formazione continua.
Serve anche una cultura del lavoro in cui si favorisce la conversazione, si preven-gono comportamenti disfunzionali e si fa davvero squadra, anche a distanza.
Conclusione
I livelli dello smart working sono uno strumento utile per fotografare il proprio modello organizzativo e scegliere dove si vuole arrivare.
Non tutti devono puntare al Nirvana.
Ma tutti possono decidere di non restare bloccati al primo livello.