Perché gli studi professionali hanno bisogno di un temporary manager ad hoc.

Perché gli studi professionali hanno bisogno di un temporary manager ad hoc

Agnese, la madre di Lucia dei Promessi Sposi, suggerendo a Renzo di rivolgersi al dottor Azzecca-garbugli, diceva:

vedrete che egli vi dirà su due piedi di quelle cose che a noi non verrebbero in testa, a pensarci un anno.”

L’avvocato, il notaio, il “ragionato” sono sempre state le figure a cui rivolgersi per trovare soluzione ai propri i problemi, i depositari della conoscenza, soprattutto nei secoli in cui la maggioranza delle persone non aveva accesso all’istruzione.

Con la diffusione dell’alfabetizzazione prima e la democratizzazione delle informazioni poi, avvenuta soprattutto con l’arrivo di Internet, laurea ed abilitazione non sono più sufficienti, ad oggi, a garantire al professionista una clientela che si rivolga a lui per cieca fiducia.

Così come avviene per i medici, che vedono entrare in ambulatorio pazienti autodiagnosticati grazie alle ricerche su Google, anche gli avvocati, i notai ed i commercialisti devono fare i conti con le informazioni che i clienti hanno reperito, ed interpretato a modo loro, su Internet.

Per chi abbia la voglia di cercare e la capacità di capire, in effetti, su Internet si trova la soluzione a (quasi) tutto: dove sta, allora, l’elemento differenziante del professionista? Sebbene la risposta appaia immediata per qualunque iscritto ad un albo professionale, ecco che questa non è così scontata per il cittadino medio, il quisque de populo.

Appare quindi evidente la necessità di comunicare in modo diverso la figura del professionista, che non deve apparire come un passaggio obbligato, una commodity, ma come un fornitore di servizi di valore, di quelli a cui, anche se non fossero obbligatori, non si rinuncerebbe.

Il professionista, quindi, da un lato deve saperne una più di Google e, dall’altro, deve comunicarlo e promuoversi in maniera efficiente: in teoria, il professionista, sempre più imprenditore, dovrebbe essere altamente competente in materie quali la comunicazione, il marketing, il time management, il business process management, il controllo qualità, il controllo di gestione, la gestione delle risorse umane.

Oltre a questa necessità di approfondire le proprie conoscenze e competenze, il professionista deve mantenere e coltivare il proprio ruolo di persona di fiducia, nei confronti dei clienti così come dei dipendenti.

L’organizzazione degli studi professionali di piccole-medie dimensioni non si discosta molto dal concetto di famiglia: tipicamente, vi è un professionista assistito da una o più dipendenti, spesso presenti da molti anni e cresciute con il titolare dello studio; sebbene con le nuove generazioni e le nuove tendenze i professionisti siano portati ad associarsi e sempre più siano le donne titolari di studi professionali, la sensazione all’interno degli studi resta sempre quella di una famiglia e ben poco quella di una azienda.

L’evoluzione della società all’esterno dello studio rende sempre più importanti le materie sopra citate: il ricambio generazionale dei clienti e la facilità (anche psicologica) di cambiare il professionista accrescono la necessità, per lo studio, di disporre di soggetti che possano portare quel know-how che esula dalle materie di studio del professionista-capofamiglia, che non gli danno un immediato ritorno economico e che quindi spesso considera delle mere perdite di tempo.

Nell’esternalizzare ad un soggetto appositamente scelto l’apporto di queste competenze, il professionista deve tener conto del fatto che la figura del temporary manager sia tipicamente di estrazione aziendale, una realtà ben diversa da quella degli studi professionali.

Se già nelle PMI a conduzione familiare il temporary manager potrebbe avere difficoltà, questi potrebbe trovarsi del tutto spaesato in uno studio, in cui non ci sono regole scritte, in cui la formazione delle nuove leve è delegata alle impiegate storiche, in cui ognuno fa un po’ di tutto e potrebbe darsi che la segretaria compri e porti in studio l’acqua perché al supermercato costa meno o che la madre del titolare si occupi delle pulizie dell’ufficio nel weekend come se fosse un pezzo di casa propria.

Il temporary manager in uno studio professionale deve essere in grado di allinearsi, di capire rapidamente queste dinamiche e di non essere tranchant nell’approcciarsi ad esse: potrebbe non essere così facile per un soggetto senza esperienza con questa realtà ambientarsi e riuscire a dosare la quantità necessaria di mentalità e di strumenti aziendali di cui hanno bisogno gli studi professionali.

Il temporary manager che entri in uno studio deve necessariamente fare i conti con il fatto che il professionista sia tipicamente la persona sulla quale si concentrano tutte le decisioni, a cui chiunque (clienti e dipendenti) si rivolgano per tutto. Se lo studio professionale è davvero come una famiglia, e se il proverbio dice “tra moglie e marito non mettere il dito”, il temporary manager che voglia portare a termine il proprio lavoro deve invece trovare la maniera di porsi tra professionista e dipendenti con la giusta dose di diplomazia, assertività e competenze così da poter modificare le consolidate dinamiche “familiari” e fungere da filtro per il professionista.

Grazie all’affiancamento del temporary manager, per una volta, il professionista può (e deve) smettere di essere il capo a cui tutti si rivolgono per tutto.

Da un altro punto di vista, per una volta il professionista ha in studio un soggetto che non si pone gerarchicamente al di sotto di lui, ma che collabora con lui, fianco a fianco, al pari di un socio che si è preso in carico un determinato aspetto della gestione, con potere decisionale esclusivo per materia.

Un manager, con pluriennale esperienza professionale all’apice di aziende, che entri a gamba tesa come temporary manager in uno studio professionale, cercando e magari imponendo le stesse gerarchie e le stesse dinamiche a cui è abituato, rischia di rovinare o distruggere quell’equilibrio simil-familiare intrinseco agli studi, dimostrandosi una perdita di soldi o addirittura portando alla distruzione dello studio.

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