Le persone con cui lavoriamo vanno e vengono.
Di alcuni ci dimentichiamo in fretta, altri restano nei nostri ricordi, con pochi si rimane in contatto, ancora meno sono quelli che lasciano il segno, quelli che hanno fatto la differenza, quelli diversi da tutti gli altri.
Questi unicorni sono i leader. Leader che non necessariamente siedono sulle poltrone dei capi, ma leader che ricoprono tutti i ruoli, in qualunque contesto ci troviamo.
“I know it when I see it” è un’espressione coniata da un membro della Corte Suprema Americana per descrivere un concetto contemporaneamente soggettivo e oggettivo. Si potrebbe tradurre con “quando lo vedo, lo riconosco” ed è un qualcosa che può ben applicarsi alla leadership: un concetto al contempo soggettivo e concreto. In molti hanno cercato di descrivere il leader, di incasellarne tratti ed azioni, di imbrigliarne le caratteristiche in una definizione completa e inattaccabile. Ad oggi, nessuno è riuscito nell’impresa, eppure ciascuno di noi ha riconosciuto nell’altro la leadership, quella risonante, quando l’ha incontrata.
Il leader lavorava a nostro favore, a nostra insaputa
Il leader era quella persona che ci portava in palmo di mano, che ci difendeva e supportava, non per il proprio tornaconto personale, ma perché era la cosa giusta da fare.
Il leader era quella persona che faceva il nostro nome quando qualcuno manifestava il bisogno di un aiuto o di un consiglio da esperti; siamo stati interpellati, abbiamo avuto la possibilità di dare il nostro contributo, ne eravamo felici e soddisfatti e non abbiamo mai saputo il motivo di quella richiesta.
Il nostro vento in poppa era una persona che lavorava per noi.
Il leader ci trattava come il suo miglior cliente
In una società che dedica al lavoro un terzo della giornata, ed in cui veniamo trattati come un terzo di una persona, cioè definiti con una professione e un titolo, anziché come esseri umani con una vita complessa, fatta di elementi lavorativi ed extra-lavorativi, il leader era quella persona che ci conosceva, che si interessava a noi in modo genuino e che ci stupiva con piccole sorprese personali.
Il leader era quella persona che ci motivava a dare il nostro meglio con amore, comprensione e supporto, scevro dal bisogno di manifestare il proprio potere con la paura.
Il leader ci ha accompagnati per mano come un coach, per farci accettare l’importanza del nostro essere, delle nostre emozioni, delle nostre ambizioni, per poter brillare sul posto di lavoro. Ci ha sempre fatto domande per poter ascoltare la risposta e trovare la connessione con il nostro io intero, dentro e fuori dalle mura dell’ufficio.
Il leader è sempre stato umile
Vincere e restare umili è un copione già letto. Quando ha perso, leader ha abbracciato la sconfitta, ha accettato la disfatta senza manifestare rabbia, aggressività nè desiderio di vendetta.
Il leader ci ha spinti a guardare gli avvenimenti della nostra vita come conseguenza delle nostre scelte e non come circostanze di cui siamo vittime impotenti.
Ci ha incoraggiato a mettere tutto il nostro impegno, a giocare onestamente e, quando abbiamo perso, ci ha mostrato un’occasione per imparare dai nostri errori.
Il leader è sempre rimasto umile, anche nella sconfitta.
Il leader è sempre stato al nostro fianco
Il leader è sempre stato sincero, non si è trincerato dietro maschere di convenienza, motti di propaganda o false promesse.
Goleman indica la consapevolezza di sé tra le capacità di intelligenza emotiva caratteristiche dei tipi di leadership più efficaci: essere consapevoli di sé vuol dire sapere che non si può bruciare la candela da entrambi i lati, se non si vuole finire scottati.
Il leader era quella persona piena di interessi al di fuori della vita lavorativa, che trovava il tempo e l’energia per ricaricarsi e tornare al lavoro senza il peso emotivo della stanchezza e delle frustrazioni, senza avere il bisogno di sfogare fatica e insuccessi sugli altri, magari sull’onda di un errore trascurabile, di una dimenticanza o di un qualcosa fatto diversamente da come ci si aspettava.
Il leader ci ha sempre guardato in modo oggettivo, accettando che siamo tutti in un costante percorso di crescita e cambiamento, mettendo da parte quei pregiudizi limitanti che impediscono l’evoluzione delle persone.
Il leader non ci ha mai abbandonati, si è sempre tenuto in contatto, anche quando i rapporti di lavoro erano terminati e le strade si erano separate.
Non è solo la persona a cui mandiamo un messaggino di auguri per le feste, non è solo la figura di riferimento quando ci serve un aiuto al lavoro, ma colui o colei al cui pensiero sentiamo un’emozione, un legame indescrivibile di ammirazione e stima.
Ecco le persone di cui ci ricordiamo, ecco perché di alcune persone riconosciamo la leadership ed ecco chi vorremmo essere: persone umili, ricordate con affetto e ammirazione, che fanno il bene altrui senza pretendere nulla in cambio, che sorprendono gli altri con atti di spontanea gentilezza, che cercano connessioni sincere e umane.
Perché i posti di lavoro passano, le persone anche, ma i leader restano vividi nel ricordo.