Che l’Activity Based Costing sia la soluzione?
Della riduzione dei margini di profitto per l’attività degli studi professionali si parla da anni e se ne continuerà a parlare finché esisteranno.
I modi per contrastarla, però, esistono: reinventare il lavoro, individuando nuove attività o servizi, oppure tenere sotto controllo ciò che accade in studio, non lasciando più il lavoro in balia del caso ma mappando i processi con obiettivo qualità e, soprattutto, efficienza.
A parità di condizioni, quindi senza cambiare altro né cercare ulteriori attività da proporre sul mercato, quindi, il controllo di gestione potrebbe essere un miraggio di salvezza.
È la fine?
Per sapere dove vanno a finire i soldi, e per sapere dove va a finire il tempo, occorre tenerli sotto controllo.
I margini di guadagno si erodono in maniera inesorabile così come il tempo passa. Con una differenza, però: che a fine giornata le ore sono sicuramente terminate, ma a fine attività non per forza è esaurito anche il margine di guadagno, anzi, l’obiettivo è proprio non farlo finire.
L’obiettivo più ambizioso sarebbe arrivare a fine attività con tempo e margine a disposizione, ma questo presuppone anche il superamento della legge di Parkinson, che non è sempre possibile o, quantomeno, facile.
I processi
Il primo compito da svolgere per poter avere sotto controllo i costi legati alla propria attività è l’analisi degli step che portano al completamento dei diversi servizi.
Torna fondamentale la mappatura dei processi, da svolgere insieme ai collaboratori e dipendenti, soprattutto se sono loro gli unici che conoscono e svolgono tutte le attività di un determinato servizio.
Proprio qui sta il principale elemento differenziale dell’activity based costing: i costi vengono imputati alle singole attività che, come mattoncini Lego, costruiscono i servizi finali.
Mattoncini e costruzioni
Ogni studio, come ogni piccolo mondo, ha una sua storia, una sua realtà, un suo perché.
Seppure sia possibile fare ipotesi e generalizzazioni, non è possibile definire a priori quali siano i servizi proposti dallo “studio professionale tipo”: al di là delle diverse professioni svolte in ciascuno studio, alcuni studi che dall’esterno possono apparire omogenei, all’interno delle mura sono in realtà completamente diversi.
Diversi sia quanto ai servizi prestati, certo, ma anche quanto alla loro organizzazione, quanto alle attività che vengono svolte e che sono propedeutiche alla fornitura del servizio al cliente.
Diverse sono le costruzioni, quindi, e sempre diversi sono i mattoncini che le formano.
I costi comuni
Ciò che sembra essere un fattore comune, nonché la maggiore fonte di grattacapi e dubbi, è il fatto che molte attività, e quindi molti costi, siano collegabili a più servizi – o prodotti, se vogliamo assimilare un servizio, come ad esempio un bilancio o un rogito, ad un prodotto.
L’activity based costing risolve in maniera puntuale questo dubbio, dal momento che permette di identificare esattamente quali costi siano necessari per completare un servizio e in che misura i costi comuni siano riferibili a ciascun servizio/prodotto, secondo driver di attribuzione determinati.
Si potrebbe fare l’esempio dell’energia elettrica, utile a tutti i prodotti di uno studio professionale, si potrebbe fare l’esempio del tempo necessario per recarsi in posta, sempre meno necessario: alcuni servizi forniti più raramente potrebbero essere più onerosi di altri forniti con maggiore frequenza in quanto richiedono attività specifiche e l’allocazione di costi specifici. Al contrario, alcuni servizi potrebbero risultare meno onerosi di altri per via della minore incidenza su di essi dei costi comuni, come una pratica che richiede meno attività di segreteria rispetto alle altre.
Vecchie abitudini, nuove abitudini
L’activity based costing non può essere e non deve essere un’attività tediosa ed eccessivamente dettagliata svolta una sola volta e poi abbandonata.
Il controllo di gestione svolto per il tramite dell’activity based costing deve diventare un metodo di management bottom-up: sono i dipendenti e collaboratori a definire le attività (i mattoncini) necessari, sono loro i primi controllori del tempo e delle attività ma, salendo, sono i titolari dello studio a dover dare il buon esempio ed essere puntuali e precisi nella misurazione.
Dalla mappatura e dalle misurazioni derivano poi le piccole e grandi scelte: ottimizzazione di processi e risorse, decisioni strategiche di investimento su un servizio piuttosto che su un altro.
Tutto bello, ma…
In molti studi, così come in molte aziende, la regola più importante è quella che recita: “Abbiamo sempre fatto così”.
Un qualsiasi sistema di controllo di gestione, incluso l’ABC, può essere fonte di resistenze al cambiamento.
Una caratteristica positiva dell’ABC è proprio il suo nascere dal basso: sono le persone che solitamente causano resistenza a fornire i dati per far funzionare il metodo.
Il rovescio della medaglia, però, è il rischio che l’entusiasmo porti ad una eccessiva puntigliosità ed all’abbandono del sistema.
Per questo motivo il metodo, come ogni e qualsiasi processo, va sperimentato e adattato, in modo che il beneficio che deriva dalla misurazione non sia minore del disagio che arreca.
Se l’ABC è il processo che monitora i processi, deve essere il primo a funzionare al meglio.